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La Riscossa Politica di Sanchez: La legge sull'amnistia che divide la Spagna



Madrid, Dicembre 2023 - Il panorama politico spagnolo ha vissuto un tumultuoso periodo di cambiamenti, culminato con la rielezione di Pedro Sanchez come presidente del governo spagnolo il 21 novembre 2023. Un percorso che ha visto l'inaspettato ritiro di Sanchez dopo le elezioni municipali e regionali di maggio, seguite da nuove elezioni in luglio.


Il 28 maggio 2023, le elezioni municipali e regionali in Spagna hanno sconvolto il governo socialista di Sanchez. Il Partito Socialista ha ottenuto risultati deludenti, vincendo solo nelle Asturie e in Castilla-La Mancha, mentre il Partito Popolare ha conquistato altre nove comunità autonome, spesso in alleanza con il partito di estrema destra VOX. Di fronte a questo scenario, Sanchez ha presentato le dimissioni il 29 maggio, annunciando nuove elezioni per il 23 luglio, suscitando preoccupazioni date le tendenze negative nei sondaggi.


Il partito popolare si è confermato il più votato alle elezioni di luglio, ma il declino elettorale di Vox ha impedito la formazione di un nuovo governo. Tuttavia, Sanchez ha sorpreso tutti il 21 novembre, ottenendo la fiducia del parlamento spagnolo con 179 voti a favore e 171 contrari, inaugurando così il suo terzo mandato come presidente.


La chiave del successo di Sanchez risiede nella sua abile manovra politica post-elettorale. Diversamente dal Partito Popolare, Sanchez ha allargato la sua coalizione, coinvolgendo non solo il partito di sinistra radicale Sumar ma anche partiti nazionalisti e indipendentisti come Esquerra Republicana e Junts per Catalunya. Questa mossa strategica gli ha garantito i voti necessari per ottenere la fiducia parlamentare e formare un nuovo esecutivo.


La negoziazione con i partiti indipendentisti catalani è stata fondamentale. Sanchez ha proposto una legge di amnistia, affrontando le condanne degli esponenti indipendentisti catalani legate agli eventi del 2014 e del 2017.


Prima di esaminare questa legge, è importante comprendere la cornice di questi due avvenimenti.


Nel 2014, la Generalitat de Catalunya, l'organo di governo catalano, ha intrapreso un audace percorso verso l'indipendenza promuovendo una consultazione dei cittadini catalani come alternativa legale a un referendum sullo status della Catalogna. Nonostante il Tribunale Costituzionale spagnolo avesse dichiarato illegittimo il progetto, il governo catalano decise di attuarlo ugualmente. Il 9 novembre 2014, il controverso referendum si svolse, non ottenendo riconoscimento legale ma guadagnando un valore simbolico. Con il 36% dei votanti, l'80% si espresse a favore della piena indipendenza.


Tre anni più tardi la questione dell'indipendenza catalana raggiunse un punto critico.

Il 9 giugno 2017, il presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, ha annunciato l'organizzazione di un referendum sull'indipendenza per l'1 ottobre dello stesso anno. Il Parlamento catalano ha successivamente approvato una legge regionale che istituiva il referendum il 6 settembre, scatenando reazioni decisive dal governo spagnolo guidato da Rajoy.

Il Tribunale Costituzionale, sollecitato dal governo spagnolo, ha dichiarato incostituzionale la legge istitutiva del referendum, vietando di fatto la consultazione sull'indipendenza della Catalogna. In risposta a questa decisione, il 20 settembre, la Guardia Civil ha effettuato il sequestro di materiale elettorale, tra cui 9 milioni di schede elettorali, e ha arrestato 14 persone negli edifici della Generalitat di Barcellona.

Nonostante le azioni preventive delle autorità, le votazioni si sono comunque svolte l'1 ottobre, scatenando scontri tra la Guardia Civil e i cittadini. L'irruzione della polizia in molte scuole, dove si stava votando, e il sequestro di 770mila voti hanno evidenziato la tensione in crescita. Nonostante l'assenza di questi voti, la partecipazione è stata massiccia, superando i 2 milioni, con il 90% che ha risposto in modo affermativo alla domanda cruciale: "Volete che la Catalogna sia uno Stato indipendente in forma di repubblica?".

Il 27 ottobre, il Parlamento catalano ha dichiarato la nascita della Repubblica Catalana, indipendente, sovrana e democratica. Tuttavia, la risposta del Senato spagnolo non si è fatta attendere. Approvando l'applicazione dell'articolo 155, il governo centrale ha destituito il governo catalano e ha indetto nuove elezioni per dicembre dello stesso anno, innescando una profonda crisi istituzionale.


La crisi costituzionale conseguente portò all'arresto di numerosi politici catalani, tra cui Puigdemont, che fuggì in Belgio. Ed è qui che si ricollega la discussa legge sull'amnistia, negoziata da quest'ultimo con l'attuale presidente spagnolo, Pedro Sanchez.


Lo scorso novembre, il Partito Socialista ha scatenato una fervente discussione presentando alla Cortes la proposta di una "Ley orgánica de amnistía para la normalización institucional, política y social en Cataluña", suscitando reazioni accese e divisioni all'interno dell'opinione pubblica spagnola.


L'obiettivo della proposta è chiaro: estinguere tutte le condanne relative alle azioni degli indipendentisti catalani compiute tra il primo gennaio 2012 e il 13 novembre 2023. Circa 400 individui, tra politici, cittadini e agenti delle forze dell'ordine, potrebbero beneficiare di questa legge. Coloro che desiderano avvalersi dell'amnistia avranno una finestra temporale di cinque anni per avanzare la richiesta, mentre gli organi giudiziari competenti dovranno rispondere entro due mesi. È importante sottolineare che la legge non concede diritto a risarcimenti né alla restituzione di somme versate a titolo di multa o sanzione.


Nonostante il ruolo centrale di questa legge nella rielezione di Pedro Sanchez per la terza volta come premier, essa rimane oggetto di una controversa accesa nell'opinione pubblica. La proposta ha innescato proteste su vasta scala in tutta la Spagna, con particolare veemenza da parte dei settori di destra, in particolare da VOX.


A Madrid, circa 170mila persone hanno marciato per le strade, esprimendo il loro netto dissenso nei confronti della legge sull'amnistia. La preoccupazione principale di molti critici è che questa richiesta di amnistia possa rappresentare il primo passo in un'escalation di richieste insostenibili per l'Esecutivo.


In conclusione, sebbene la legge sull'amnistia abbia giocato un ruolo chiave nella politica recente, il suo impatto è stato controverso e ha polarizzato l'opinione pubblica. Mentre alcuni vedono la proposta come un passo verso la normalizzazione e la risoluzione dei conflitti, altri la interpretano come una mossa pericolosa che potrebbe aprire la porta a richieste ulteriori e divisive.


Crediti grafici: www.terzogiornale.it

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